SITO III

Il complesso architettonico di S. Filippo Apostolo - di Valeria Falsaperla
   
Notizie storiche sugli ipogei di Ortigia - di Michele Romano
   

IL COMPLESSO ARCHITETTONICO DI S. FILIPPO APOSTOLO

Il complesso di S. Filippo Apostolo è situato ad Ortigia nel quartiere della Giudecca. E' costituito da un insieme di architetture ed ambienti posti su diversi livelli, ovvero la chiesa e gli spazi sotterranei: la cripta dipinta, le latomie ed il pozzo ebraico. E' possibile accedere a tali spazi sotterranei attraverso una apertura nel pavimento della chiesa.

La chiesa di S. Filippo Apostolo

Cliccare per un ingrandimentoIl prospetto principale della chiesa di S. Filippo apostolo si affaccia sulla piazza omonima, caratterizzata dalla presenza di due obelischi piramidali.
L'organismo è a pianta longitudinale, privo di transetto e con abside semicircolare tipicamente posta a conclusione dell'impianto monodirezionato.
Presenta un interno a tre navate, divise da pilastri poligonali, cui sono accostate colonne poste a sostegno di archi a tutto sesto. L'interno è interamente ornato da un apparato decorativo settecentesco. L'abside semicircolare accoglie l'altare maggiore ed è affiancata sui due lati, rispettivamente, da una cappella e dalla sagrestia.

Cliccare per un ingrandimentoL'abside è sormontata da una volta a catino, le campate mediane delle navate laterali presentano soffitti con finte volte a botte, mentre le altre quattro campate laterali sono voltate a cupola su pianta ellittica avente l'asse maggiore parallelo all'asse longitudinale della chiesa. L'ampia campata mediana della navata centrale è sormontata da pennacchi sferici a sostegno del tamburo sul quale si impostava la cupola emisferica oggi mancante.

 

La cripta dipinta

Il corridoio rettilineo, attraverso il quale si accede alla cripta, si compone di due tratti: il primo con soffitto piano e il secondo, di poco più ampio, con soffitto voltato a botte. La cripta, posta ad una quota di poco inferiore rispetto a tale corridoio, è a pianta longitudinale e simmetrica e presenta una copertura voltata a botte. Si sviluppa su due livelli. La zona superiore presenta lateralmente e simmetricamente due aperture che danno accesso ciascuna ad un piccolo vano rettangolare chiuso superiormente da una volta a botte.

Legenda della planimetria della Chiesa e della cripta sottostante (in verde): Stazioni della Via Crucis, Teschio con cartiglio, Croce prospettica, Scheletro.
Il livello superiore è delimitato da due balaustrate situate simmetricamente rispetto all'asse longitudinale della cripta, in corrispondenza del quale è posta una scala che collega i livelli superiore ed inferiore.
Quest'ultimo spazio è ritmato dalla due archi a tutto sesto, uno impostato su lesene e l'altro sorretto da colonne a fusto liscio ed entasis pronunciata con capitello dorico. La zona antistante quest'ultimo arco, probabilmente utilizzata come luogo di riunione e di culto, oltre che di sepoltura, presenta lungo gran parte del perimetro resti di sedili in muratura poggianti su balaustrini, mentre lateralmente e simmetricamente vi sono due altari incassati in nicchie delimitate superiormente da archi a tutto sesto. Nello spazio oltre l'arco su colonne, anch'esso con soffitto voltato a botte, ed in posizione assiale è collocato un altare, al di sopra del quale si trova una ampia nicchia di forma rettangolare.
A destra dell'altare una scala in pietra ad andamento rettilineo conduce ad un vano, posto ad un livello ancora inferiore, scavato nella viva roccia e delimitato da pareti ad andamento irregolare e curvilineo.
A sinistra dell'altare una piccola apertura consente l'accesso ad un vano di forma grosso modo rettangolare, che si apre sul vano della scala ora descritta.
E' interessante notare la corrispondenza planimetrica esistente tra l'impianto della chiesa e quello della cripta sotterranea. Entrambe, infatti, sono organismi a pianta longitudinale e si sviluppano lungo la stessa direzione; lungo lo stesso asse, ortogonale a questa direzione, sono posti, a livello della chiesa, i due ingressi laterali e, a livello della cripta, i due vani rettangolari sopra descritti; esiste anche una corrispondneza tra la posizione degli altari della prima campata delle navate laterali della chiesa e quelli della cripta, posti grosso modo sullo stesso asse; sono quasi coincidenti le posizioni degli altari maggiori della chiesa e della cripta; ed, infine, una ulteriore evidente corrispondenza è riscontrabile tra l'arcata di raccordo trasversale tra i pilastri poligonali della chiesa e l'arco a tutto sesto della zona inferiore della cripta.
La cripta è in gran parte decorata con affreschi, oggi in precario stato di conservazione. Tali affreschi sono visibili, in particolare, in corrispondenza delle pareti laterali del tratto più ampio del corridoio, al di sopra dell'architrave delle aperture che consentono l'accesso ai vani laterali, su una parete all'interno dei vani stessi, al di sopra del cornicione che percorre l'intero perimetro della zona inferiore della cripta e in parte delle pareti della stessa zona, sul fondo della nicchia posta al di sopra dell'altare.

Arch. Valeria Falsaperla


NOTIZIE STORICHE SUGLI IPOGEI DI ORTIGIA

La simbologia escatologica degli affreschi ipogei di San Filippo apostolo è un chiaro riferimento alla caducità della vita e alla transitorietà dei beni terreni. Nel lungo corridoio di entrata due ameni scheletri invitano alla sala della "trasmutazione", alla cripta dipinta dove gli esercizi spirituali controriformati guidano alla solennizzazione e ineluttabilità della morte, alla "humana fragilitas".
La raffigurazione di due ironici teschi-sovrapporta indica il "memento mori" ammonendo il fedele con l'allegorico motto: "FUIMUS SICUT E VOS - ERITIS SICUT E NOS" (fummo così come voi - sarete così come noi).

Cliccare per un ingrandimentoSono forse i veri significati reconditi della vita cristiana, i temi della "vanitas" umana, la caducità della vita, un percorso che riscopre i temi della "passio" divina e dell'Apocalisse.
Non a caso questo ciclo di affreschi si completa con una sequenza di momenti della Via Crucis, cappelle laterali con la prospettica croce sul Calvario e una decorazione macabra di teschi che si completano sull'altare con la raffigurazione del Cristo morto.
L'escatologia cristiana sulla morte ed il giudizio universale si conferma nel ciclo figurativo di questo ipogeo aretuseo con lo schema iconologico tipico delle cappelle funerarie, tombe e sarcofagi, dove l' "ars moriendi" e il "trionfo dela morte" suscitano e confermano il timore dell'ultima ora, mentre le "macabre danze" e lo scheletro dalle pose viventi rievocano la specularità della vita.
"Minuta polve e fragil vetro io sono" è il motto di Saturno che, con l'orologio del tempo e la scheletricità umana ricorda l'eguaglianza degli esseri davanti alla morte, come grave e pressante avvertimento.
Il Masaccio fiorentino nella "Trinità" di Santa Maria Novella raffigura uno scheletro con le allegoriche parole: "IO.FUI.GIA.QUEL.CHE.VOI.SIETE: E QUEL.CHI SON VOI.ANCOR. SARETE". Un evidente richiamo al dogma e al mistero della morte che si rivela all'uomo attraverso la sofferenza, la crocifissione e la passione di Cristo che lo riscatta dalla fine eterna.
Questo itinerario sotterraneo e celeste, questo percorso nell'iconografia e iconologia della vita, rievoca ironicamente, con intenti didascalici e moralizzatori, l'impotenza degli uomini di fronte alla morte. Un ciclo vitale e orrifico dove l'immagine o la posa di uno scheletro nella sua grottesca quotidianità induce il fedele osservatore al "trionfo della morte", al teatro della "vanità", all'idea della vita come apparato effimero, quasi una esasperazione della fedele angoscia per il proprio destino. La "VANITAS VANITATUM OMNIA VANITAS" (vanità delle vanità, tutto è vanità) che il ceroplasta siracusano Gaetano Giulio Zumbo riuscì ad esprimere con epidemie e pestilenze in cui mostra scheletri dalla sfumatura di terracotta (ma sono di cera) e accanto cadaveri distesi su cenotafi di marmo bianco.

Nel Seicento il misticismo e l'allegoria della vanitas si inserirono nel dubbio della caducità ed eternità, la vanità come apoteosi mondana e l'orrifica morte come transitorietà della vita.
Lo spirito iconografico dell'asceta dal medioevo al barocco si è soffermato volentieri sulla polvere e cenere e fino all'ottocento le tombe mostrano la figura del cadavere, simbolo di ripugnanza per l'aspetto terreno della morte. Paura di vivere, il rifiuto della bellezza e della felicità, in quanto legate a calamità e dolore.
Alla dissoluzione del corpo terreno si contrappone la incorruttibilità delle spoglie ecclesiali (santi - martiri - vescovi) mentre lo spirito materialistico non abbandona l'idea del corpo. Il nostro ciclo iconografico persegue ambedue gli aspetti, dall'ironica posa di scheletri pensanti e scriventi ad un percorso mistico dove la "passio" divina incide nella corruzione dell'anima terrena.
Un ipogeo cromatico e simbolico invita la comunità urbana alla ricerca iconologica del sito, alla lettura dei temi escatologici, alla relazione tra anima e corpo, una soluzione infinita del suo divenire.

Prof. Michele Romano


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