La
villa del tesoro |
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Si
tratta di un capolavoro del IV secolo dopo Cristo. Scoperto
casualmente trent’anni fa, dopo un lungo lavoro di
restauro
sarà finalmente esposto al pubblico.
di Franca
Roiatti per
05/06/2003
Un particolare di uno dei tre
grandi
mosaici pavimentali ritrovati nella villa
romana del Tellaro, presso Noto. |
«Dottore venga, abbiamo trovato qualcosa in un rudere sul Tellaro»: era
l’estate del 1971, quando Giuseppe Voza, in forze alla sovrintendenza ai
beni culturali di Siracusa, ricevette quella telefonata da un capitano
della Guardia di finanza. Qualcuno aveva avvertito le fiamme gialle
che in una masseria abbandonata, non lontano da Noto, e dall’antica città
di Eloro, si erano visti scavatori di frodo. Che cosa li aveva attirati
tra le rovine di quel casale? In un angolo della stalla si intravedeva un
frammento di mosaico a colori, volti di personaggi intenti a banchettare.
I cacciatori di reperti l’avevano già pulito con l’intenzione forse
di strapparlo senza immaginare il valore di quello che avevano casualmente
trovato. |
Si trattava, infatti,
dei resti di una villa romana del IV secolo dopo Cristo, la dimora di
una famiglia di latifondisti, i cui pavimenti erano ricoperti da
straordinari mosaici che, per raffinatezza di stile, sono tra i più
significativi dell’epoca e possono bene rivaleggiare con quelli,
notissimi, di Piazza Armerina, presso Enna. E ora, dopo un lunghissimo
restauro, saranno visibili al pubblico: a fine giugno, provvisoriamente,
nella chiesa di San Domenico a Noto; da settembre nella sede originaria,
dove verranno ricollocati. Un evento consacrato dal presidente della
Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che, nella visita in Sicilia agli inizi di
luglio, ammirerà i mosaici. Panorama li presenta in anteprima.
«Gli scavi,
cominciati tra mille difficoltà burocra- tiche a metà degli anni 70, hanno
portato alla luce |
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i resti di una villa di 6 mila metri quadrati» racconta
Voza, che da sovrintendente ha poi seguito passo per passo la
straordinaria scoperta. «Il corpo centrale era costituito da una corte
circondata da un portico sul quale si affacciavano vari ambienti. Il
camminamento era ricoperto da un mosaico a tappeto con festoni e motivi
geometrici, ben conservato per 15 metri». Ma il ritrovamento eccezionale
riguarda i pavimenti di tre stanze tappezzati con scene mitologiche, di
caccia e danze, realizzate con milioni di tessere in pietra calcarea e
cotto dai colori naturali intensissimi. Storie piene di animali, fiori e
volti talmente vivi che sembrano schizzare fuori dal disegno.
La residenza romana bruciò in un incendio, probabilmente alla fine del
IV secolo. Forse fu una conseguenza della calata dei barbari ipotizza il sovrintendente. |
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«Il racconto sulla vita di santa Melania dice
che in quel periodo la nobile romana si rifugiò in Sicilia dove la sua
ricca famiglia possedeva 60 ville e da una di queste assistette al rogo di
altre dimore, appiccato dagli invasori. La stessa sorte potrebbe essere
toccata a quella sul fiume Tellaro». Sullo strato di macerie e cenere
abbandonato per secoli nel 1700 venne costruita una fattoria, tranciando i
mosaici scampati alla distruzione e seppellendoli sotto 50 centimetri di
terra e pietre. |
«Per recuperarne alcune porzioni
abbiamo tolto con un lavoro chirurgico parte delle fondazioni
evitando di far crollare quel che resta della masseria» aggiunge
Voza. «E viste le condizioni in cui si trovavano abbiamo
dovuto tirare via i mosaici e portarli al laboratorio per il
restauro». Un’operazione delicatissima e rischiosa perché, se
eseguita malamente, rischia di scompaginare le tessere, distruggendo
per sempre le immagini. Un telo impregnato di un collante speciale
viene posato sulla superficie del mosaico, poi si stacca dal terreno
il fondo su cui sono posate le pietruzze ottenendo una sorta di
tappeto che viene arrotolato intorno a un cilindro di legno per il trasporto.
«Avevo una
tal paura di danneggiare le opere che feci montare una tenda nel cortile
della fattoria dove far immediatamente fissare i mosaici sulle resine» confessa
Voza. |
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Era la fine degli anni 80. Da allora gli esperti hanno lavorato per
togliere le tracce lasciate dall’incendio. Con pazienza hanno
risistemato alcune delle tessere sparse, ritrovate durante gli scavi,
riportando all’originale splendore i racconti narrati sui pavimenti
della villa.
«Le fondazioni della masseria avevano rovinato la parte
principale di una delle scene più straordinarie: la pesatura del corpo di
Ettore, un evento a cui si fa riferimento nell’Iliade» dice Voza.
«Dopo la pulizia sono emersi particolari che ci hanno permesso di
stabilire che si trattava proprio del riscatto dell’eroe ucciso. |
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Al
centro campeggia una grande bilancia: sul piatto di sinistra è posato
l’oro, su quello di destra il corpo». In alto l’iscrizione in greco
svela che i personaggi presenti all’operazione sono Ulisse, Achille e
Diomede, i troiani e Priamo. La drammatica rappresentazione era
incorniciata dauna fascia decorativa ricca di piante e animali: tra essi
una splendida tigre intenta a spiccare un balzo. |
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I particolari del felino
sono resi con un dosaggio sapiente dei colori paragonabile a un affresco
più che a un mosaico.
«Lo studio cromatico nella posa delle pietre, le dimensioni delle
tessere, che si riducono sensibilmente nelle sfumature dei volti e dei
musi, per rendere ancora più precisi i dettagli, fa pensare che gli
autori erano artisti raffinatissimi» valuta Voza. |
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«Lo stile è
riconducibile a quello dei mosaici dell’Africa preconsolare e della
villa romana di Piazza Armerina, ma queste rappresentazioni sono più
armoniose e più vivaci, le figure sembrano muoversi, la profondità delle
immagini è maggiore». |
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Elementi che si
ritrovano nel mosaico della scena di caccia che ricopriva la più ampia
delle stanze ritrovate di 6 metri e 40 per 6 e 20. È la storia di una
battuta che si svolge in vari capitoli. In alto si scorgono i cacciatori
che assistono all’ingresso nelle gabbie delle fiere catturate, al centro
un cavaliere sferra un colpo di lancia a un leone che ha appena ucciso una
gazzella. La scena è intensissima: |
il felino si erge imponente con la sua
folta criniera sul corpo straziato dell’antilope che sanguina. Poco più
in basso si intravede una figura femminile con lo sguardo rivolto alla
tigre che assalta un altro dei cacciatori. |
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«È molto rovinata ma si
intuisce chiaramente che è la rappresentazione dell’Africa, ha tratti
comuni a quella del mosaico della Grande caccia di Piazza Armerina». |
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La terza stanza aveva un mosaico figurativo più complesso: ai quattro
angoli, altrettanti vasi rivolti al centro, da cui traboccano fiori e
frutta e da cui partono festoni di alloro che si incontrano in centro in
una formella completamente perduta, delimitando quattro zone
semicircolari contenenti altre scene come la danza erotica di un satiro e
una menade.
Impossibile risalire alla destinazione delle camere. «Non c’è nulla
che ci aiuti a capire se c’era un legame tra la scelta dei soggetti e
l’uso delle stanze. E purtroppo il fuoco ha cancellato quasi tutte le
tracce della vita quotidiana» conclude Voza. «Si sono salvate solo alcune |
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monete, ceramiche e attrezzi di lavoro
che stavano nel piano sottostante a quello dei mosaici».
Franca Roiatti
Panorama - ^.
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La planimetria è
tratta dal volume
"Nel segno dell'Antico - archeologia
nel
territorio di Siracusa" di G. Voza
- Arnaldo
Lombardi Editore 1999 - ISBN 88-317-2606-4 pp.157 |
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Nella foto il
Soprintendente
ai BB.CC.AA. di Siracusa
Giuseppe Voza |
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